sabato 28 maggio 2011

La grande sfida di De Magistris


“Un’uscita d’emergenza democratica”. Così Luigi De Magistris, giovane e ben noto ex magistrato partenopeo, eletto poi europarlamentare nelle liste dell’Italia dei Valori, ha definito la sua candidatura alla carica di sindaco di Napoli, lanciata non troppo a sorpresa il 28 Febbraio in un’intervista a Micromega.
L’uscita di emergenza si riferiva alle disastrose primarie napoletane, finite in farsa con accuse reciproche di brogli tra i candidati e code di cinesi ai seggi. Primarie a cui a dire il vero l’ex Pm non aveva partecipato, “fiutando che si sarebbero risolte in un regolamento di conti interno al PD” a suo dire, per paura di perderle secondo i detrattori.

Al di là delle circostanze in cui è maturata, la candidatura di De Magistris è stata fin da subito accolta in città con un’ondata di entusiasmo che non sembrava più possibile risvegliare, soprattutto in un popolo di sinistra amareggiato e confuso dal decennale malgoverno dei propri rappresentanti, eletti con grandi speranze di cambiamento e giustizia sociale e rivelatisi un apparato di potere completamente fallimentare.
Nel teatrino tipicamente partenopeo, l’entrata in scena dell’europarlamentare ha provocato reazioni scomposte in ambo gli schieramenti; melodrammatica quella di Mastella, che è arrivato a minacciare il suicidio nel caso in cui l’ex Pm fosse stato eletto (portandogli probabilmente qualche voto in più); frettolosa quella del PD, che nel tentativo un po’ patetico di ricompattare le varie anime del Partito, decideva di annullare le contestate primarie e candidare il prefetto Morcone, ottimo profilo ma privo del necessario carisma e quasi sconosciuto in città.

IDV (ovviamente) e la Fds appoggiavano da subito l’ex Pm, mentre Sel si spaccava in due: la maggioranza dei dirigenti locali e parte degli iscritti erano per Morcone, mentre sembrava che la gran parte degli elettori e potenziali tali fossero per De Magistris, visto come una speranza di rinnovamento e discontinuità con i vecchi apparati di potere. La sorprendente neutralità di Vendola, probabilmente desideroso di non assestare ulteriori “schiaffi” al PD dopo le primarie di Milano e Cagliari, portava alla pilatesca decisione di lasciar esprimere gli iscritti, con un voto che ha lasciato seri dubbi sulla sua reale rappresentatività ma che comunque decretava l’appoggio al prefetto Morcone.
Definiti gli schieramenti, restava solo da far campagna elettorale: un po’ conservative quelle del candidato Pdl Lettieri, forte delle sue liste, e di Morcone, che riceveva come un boomerang l’appoggio di Bassolino e Cozzolino; aggressiva quella dell’ex magistrato, che girava di piazza in piazza arringando i suoi sostenitori e definendosi l’unica reale alternativa da un lato all’uomo di Cosentino e Berlusconi e dall’altro a “Morcolino”, bollato sin dall’inizio come espressione di continuità con le catastrofiche gestioni precedenti. A completare il quadro c’erano il rettore Pasquino, candidato del Terzo Polo, e Fico, candidato dei grillini, qui meno influenti che altrove e prosciugati dal voto utile verso un candidato a loro affine.
In virtù del suo carisma e della sua forte personalità, De Magistris riusciva sin da subito a canalizzare verso di sè le attenzioni di un elettorato, quello di sinistra, fortemente deluso e sconcertato dai disastri dei propri rappresentanti, ma niente affatto intenzionato a votare per il candidato Pdl, in Campania totalmente nelle mani di Nicola Cosentino, discusso coordinatore su cui pende un mandato d’arresto per concorso esterno in associazione camorristica. 
Tale effetto era rilevato solo in parte dai sondaggi, che correttamente assegnavano un discreto vantaggio a Lettieri, vedendogli però preclusa la possibilità di vincere direttamente al primo turno, e suggerivano un testa a testa per il secondo posto tra i due candidati del centrosinistra, con il candidato del PD dato comunque quasi sempre in vantaggio, grazie alle liste sicuramente più competitive.

Su tali previsioni si è abbattuto come uno tsunami il voto del 15-16 Maggio. Come ampiamente previsto, in testa si è trovato il candidato del PDL, con un 38,5% forse un po’ al di sotto delle aspettative; ha destato invece scalpore il 27,5% di De Magistris, sedici punti sopra i partiti che l’appoggiavano (ottimi comunque l’8% dell’IDV e il 3,5% della Fds) e ben otto punti e mezzo meglio del deludente Morcone, fermo al 19% con un pessimo PD al 16,5% e Sel al 4%, che ha probabilmente la pagato la scelta del candidato sbagliato.

Comunque, smaltita la delusione gli sconfitti decidevano lealmente di appoggiare il candidato vincitore di questo derby interno al centrosinistra, nonostante De Magistris avesse già fatto intendere che non avrebbe accettato apparentamenti formali. Decisione rischiosa, in quanto potrebbe demotivare candidati consiglieri capaci di raccogliere un cospicuo numero di preferenze, ma coerente con la sua figura di uomo “fuori dal sistema” che sembra aver raccolto molto consenso tra gli elettori napoletani.

Ad un giorno dal ballottaggio e a due dalla chiusura dei seggi, la sfida è quanto mai incerta, ma buoni segnali filtrano dall’entourage dell’ex Pm; i suoi sostenitori sono di certo galvanizzati dal grande risultato del primo turno, e l’europarlamentare ha ricevuto, oltre all’appoggio incondizionato di Sel e PD, segnali quanto meno distensivi dal Terzo Polo e dai grillini. Inoltre il consistente voto disgiunto ottenuto al primo turno fa ben sperare in una competizione in cui sono assenti le liste a supporto, che hanno dato una grossa mano a Lettieri in precedenza. Comunque in una città umorale e imprevedibile come quella partenopea, è meglio non dare mai niente di scontato: solo le urne ci diranno se l’ex Pm riuscirà nell’ennesimo miracolo, dopo quello, ben più difficile, di aver riportato entusiasmo e partecipazione alla città di Napoli.

Pablito

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